I residui vegetali sono da considerarsi dei “rifiuti”?
Andiamo con ordine! Dal punto di vista della legge, secondo il Decreto Legislativo 152/2006, un “rifiuto” è “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Di conseguenza non rientrano in tale definizione gli oggetti o le sostanze che possono essere riutilizzate, così come gli scarti vegetali che, se gestiti correttamente, possono tornare utili, senza alcun impatto sull’ambiente.
Ad ogni modo i residui vegetali possono essere considerati rifiuti nelle seguenti situazioni:
- quando gli scarti sono conferiti ad un impianto di trattamento dei rifiuti;
- quando vengono abbandonati;
- quando sono distrutti illecitamente.
Nonostante ciò, ai sensi dell’articolo 184-ter, un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, nel rispetto di alcune condizioni:
- la sostanza o l’oggetto sono destinati a essere utilizzati per scopi specifici;
- esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
- la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici a cui è destinato e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
- l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Facciamo quindi degli esempi pratici su quanto detto:
- Biomasse: Non sono da considerare rifiuti gli scarti vegetali provenienti da potatura e manutenzione forestale e agricola se utilizzati in impianti di combustione industriale e/o civile.
- Utilizzo per la produzione di beni: Non sono da considerare rifiuti i residui vegetali che vengono avviati all’industria della lavorazione dei materiali cellulosici per la produzione di beni (mobili, carta, ecc.)
- Utilizzo nella pratica agricola: Non sono da considerare rifiuti gli scarti vegetali derivanti dalla pratica agricola e da attività similari svolte presso la propria azienda o presso soggetti terzi, per i quali è previsto il riutilizzo nelle normali pratiche agricole o in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore o biogas.
- Attività di manutenzione del verde effettuata dai giardinieri o vivaisti: Se il professionista che effettua la manutenzione del verde (per esempio un giardiniere o un vivaista che ha effettuato lo sfalcio del giardino di un’abitazione o un contoterzista che presta servizio per un’impresa agricola) effettua il trasporto dei residui derivanti da tale attività dal luogo di produzione (un’abitazione o un’azienda agricola) fino alla propria sede e poi riutilizza il materiale nelle normali pratiche agricole, gli scarti vegetali non vengono considerati rifiuto.
La norma precisa però che per arrivare a questa conclusione bisogna rispettare due requisiti:
- la manutenzione del verde deve essere vista come attività agricola;
- gli scarti della manutenzione del verde sono da riutilizzare nelle attività agricole.
Ad ogni modo i residui organici generati da interventi di manutenzione ordinaria delle aree verdi quali sfalci e potature, devono essere preferibilmente compostati in loco o cippati «in situ» e, ove tecnicamente possibile, utilizzandoli come pacciamatura nelle aree idonee per ridurre il fenomeno di evaporazione dal terreno.
Qualora queste attività non possano essere svolte interamente nelle aree verdi in cui si sta eseguendo l’attività di manutenzione, le eccedenze di tali materiali organici devono essere compostate all’interno dei terreni di proprietà della ditta appaltatrice, se disponibili, o in impianti autorizzati, oppure, nel caso abbiano le caratteristiche fisiche adeguate, possono essere recuperate in microfiliere per la realizzazione di arredi.